Uccidi l'unicorno, di Gabriele Sassone

Uccidi l'unicorno, di Gabriele Sassone

L’anno appena passato è un anno rubato alle nostre vite dove nulla è accaduto. È un furto non solo ai danni del presente ma soprattutto del futuro. Infatti, l’unica cosa peggiore del 2020 è il 2021, sciupato di prospettive, dove tutto è incerto e in cui anche l’idea di prosperare nell’imprevedibile ci rende esaustə. Se, poi, sei impegnatə in una forma qualsiasi di lavoro cognitivo la faccenda si fa ancora più difficile: la tua quotidianità è immateriale, al massimo fatta di relazioni e di qualche idea un po’ più palpabile delle altre.

Così ci si impantana. C’è chi non sa più dove mettere le mani per riacciuffare il senso di ciò che fa. Chi invece fa tutto ma con l’impressione di non fare niente. Il lavoro cognitivo, poi, diventa “lavoro” solo quando si fa così materiale da trasformarsi in catena di montaggio. Il sogno che ci era stato venduto si frantuma e spesso si trasforma nel compromesso necessario a pagarci l’affitto e da lì non se ne esce più, specialmente in questi mesi.

Dopo questa rasserenante premessa ci tengo a consigliare questo bel libro che ho appena finito. Uccidi l’unicorno di Gabriele Sassone parla di un professore di arte che dalla sera alla mattina si ritrova a dover compilare una presentazione per una conferenza sul “significato dell’arte al tempo dei social media”. Nel panico notturno per mettere in fila due pensieri sensati, il protagonista intraprende un viaggio interiore nel suo rapporto con il lavoro culturale, nel tentativo di rintracciarne senso e motivazioni.

Leggetelo perché è un libro confortevole. Un po’ perché è interamente ambientato nell’appartamento del protagonista e si sentono gli strascichi di calore dei termosifoni spenti di notte. Un po’ perché crea un racconto a partire da sensazioni che, sono sicuro, tantissimə di noi proviamo. Un po’ perché l’edizione de Il Saggiatore è fatta con un’ottima carta ed è stampata a carattere grosso, così le pagine diventano tante e anche io ho la sensazione di aver letto un sacco quando in realtà non è così. Infine perché dentro ci sono decine di riferimenti generali a punti cardine dei visual studies che potete poi tranquillamente rubare e sfoggiare alle cene di Capodanno.

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