La fine del futuro, sulla morte del creatore della Legge di Moore

Pochi giorni fa è morto Gordon Moore, l’informatico che teorizzò la legge che per 50 anni ha definito il significato di progresso per la civiltà umana. Cosa ci rimane del suo futuro?

La fine del futuro, sulla morte del creatore della Legge di Moore
Gordon Moore nel suo ufficio di Intel, l'azienda che ha co-fondato, nel 2003. Immagine: Wikimedia

È il 1954, siamo negli Stati Uniti e i computer occupano intere stanze dei centri di ricerca dove vengono sviluppati. Gordon Moore è un informatico e ha appena concluso il suo dottorato in chimica al California Institute of Technology.

Inizia a lavorare per un’azienda, lo Shockley Semiconductor Laboratory, che sviluppa e produce semiconduttori, ovvero l’unità fondamentale per la costruzione e il funzionamento di qualsiasi computer. Non sa ancora di star lavorando alla definizione del significato del progresso umano per i successivi 50 anni.

Il capo di Gordon Moore si chiama William Shockley. Vincerà nel 1956 un premio Nobel per aver inventato il transistor, e diventa noto per le sue sensazionali intuizioni tecniche (chi lavorava con lui affermava che Shockley fosse in grado di vedere gli elettroni che interagivano sui suoi circuiti) e per la sua altrettanto sensazionale incapacità manageriale (in un articolo risalente al 2004, Gordon Moore racconta che dopo un piccolo problema in azienda, Shockley aveva obbligato tutti i suoi dipendenti a fare un test della verità per scoprire chi fosse il colpevole).

I dipendenti dello Shockley Semiconductor Laboratory celebrano il premio Nobel appena vinto da William Shockley, nel 1956. Gordon Moore è ritratto seduto all'estremità sinistra del tavolo, rivolto verso Shockley. Immagine: Engineering & Science/Summer 1994
I dipendenti dello Shockley Semiconductor Laboratory celebrano il premio Nobel appena vinto da William Shockley, nel 1956. Gordon Moore è ritratto seduto all'estremità sinistra del tavolo, rivolto verso Shockley. Immagine: Engineering & Science/Summer 1994

Nel 1957, Moore e altri 7 ingegneri che lavorano insieme a lui decidono di abbandonare Shockley, ottenendo così il nomignolo di “traitorous eight” (“gli otto traditori”) e convincono un’azienda americana specializzata in componenti fotografiche, la Fairchild Camera and Instrument, a finanziare l’apertura di una nuova divisione: la Fairchild Semiconductor International. L’obiettivo dell’azienda è semplice: sviluppare e produrre il primo transistor fatto di silicio. Ci riescono poco dopo, nel 1958, con la commercializzazione del 2N697, il primo transistor mesa di silicio progettato da Gordon Moore e prodotto dalla Fairchild Semiconductor International.

I transistor di silicio hanno una caratteristica fondamentale che li rende diversi da quelli prodotti fino ad allora con il germanio: la loro produzione è economica e scalabile, sopratutto dopo l'introduzione di una nuova tecnica per la produzione dei transistor, il processo planare. Inizia così l'età dell'oro dei transistor, la corsa allo sviluppo del processore più potente. Nel 1960, la Fairchild mette in commercio il primo circuito integrato fatto di silicio, creato installando 4 transistor su un singolo wafer (la base del circuito) di silicio. In pochissimo tempo, l’azienda cresce a dismisura: ha un mercato da 130 milioni di dollari l’anno e impiega più di mille dipendenti.

Il 19 aprile 1965 esce il numero 38 di Electronics, una rivista specializzata per addetti ai lavori. Dentro c’è un articolo scritto da Gordon Moore e titolato in modo grossolano ma sincero, “Cramming more components onto integrated circuits” ovvero “Stipare più componenti nei circuiti integrati.” In questo articolo, Moore presenta la prima versione di quella che diventerà la Legge di Moore, il paradigma più importante della storia dell’informatica e che ha indicato il ritmo del progresso umano per i successivi 50 anni.

La copertina del numero della rivista Electronics in cui è stato pubblicato l'articolo in cui Gordon Moore ha formulato per la prima volta la Legge di Moore.

La prima Legge di Moore è semplicissima e afferma che “ogni 2 anni, il numero di transistor presenti in un microchip raddoppia e il costo per la loro produzione si dimezza.” Non è una legge fisica, ma una intuizione sintesi di una grande conoscenza ingegneristica e di un’approfondita esperienza sul campo, che nel 1965 ha permesso a Moore di predire esattamente quanti transistor sarebbe stato possibile installare in un microchip 10 anni dopo, nel 1975.

Questa legge si basa sull’osservazione dei ritmi di sviluppo nei primi anni di lavoro della Fairchild Semiconductor e del resto dell'industria. Dalla sua enunciazione, ha dettato il ritmo delle scoperte e degli avanzamenti scientifici nel settore dei semiconduttori. In un certo senso, la Legge di Moore è un’iperstizione, una profezia che si avvera nel momento in cui viene pronunciata. Le prospettive tecnologiche suggerite dalla Legge di Moore sono assolutamente sbalorditive e alimentano ancora di più la corsa globale allo sviluppo dei processori, la quale non manca di confermare di anno in anno il paradigma di Moore. In un certo senso, la Legge di Moore plasma per i successivi decenni il significato di “progresso umano”, facendolo coincidere con l’aumento del potenziale di calcolo dei processori.

Gli effetti di questa condizione sono duplici. Da un lato le industrie elettroniche di tutto il mondo iniettano competenze e risorse per permettere l’avanzamento tecnologico dei semiconduttori, abilitando così la progettazione e la produzione di tecnologie prima di allora impensabili: dai personal computer, ai GPS, fino agli smartphone. L’infrastruttura digitale della società umana contemporanea è una diretta conseguenza della Legge di Moore.

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Dall’altro, questa legge ha creato le condizioni per un disastro. Nel corso dei successivi 50 anni, l’industria dell’informatica (ad oggi il principale motore economico globale) è cresciuta ponendosi come unica prospettiva l’aumento della potenza di calcolo delle macchine, mettendo in secondo piano altri parametri fondamentali e slegandoli dalla definizione di “progresso”. Per fare un esempio spicciolo ma chiaro, se la Legge di Moore avesse preso in considerazione anche la quantità di energia richiesta dai microchip per poter funzionare, mentre la loro potenza cresceva esponenzialmente, probabilmente oggi non saremmo così tragicamente indietro in termini di consapevolezza e intervento sulla crisi climatica.

Descrivere i parametri con cui si misura la velocità del progresso, come nel caso della Legge di Moore, significa anche prendersi la responsabilità di descrivere le caratteristiche peculiari del significato di futuro. Quello tracciato da Moore è un futuro più veloce, efficiente e potente, ma non necessariamente più sostenibile, equo e democratico.

La responsabilità, in questo senso, non è di Gordon Moore: la sua predizione ha posto le basi per lo sviluppo tecnologico che le ha permesso di verificarsi e l’industria dei semiconduttori (e i governi che la finanziavano) non aveva alcun motivo, se non il senso etico, per preoccuparsi delle conseguenze socio-politiche di un futuro descritto così. Resta a noi, oggi come allora, il compito di osservare queste conseguenze impreviste e renderle tema centrale di dibattito.

Un grafico che riassume il ritmo di crescita della Legge di Moore. Sulle ascisse la scansione cronologica, sulle ordinate la potenza di calcolo, nel grafico i diversi transistor e processori sviluppati e prodotti nel tempo. Immagine: Our World in Data

Oggi, la Legge di Moore continua faticosamente a battere il tempo del progresso. Ci stiamo avvicinando a dei veri e propri limiti fisici che non permetteranno più a questa legge di continuare a essere vera (dai limiti della miniaturizzazione fino agli imprevisti quantistici che si verificano quando i transistor lavorano su scale nanometriche). La si dava per spacciata a partire dagli anni 2000, ma ha retto fino al 2020. Nel 2022, il CEO di Nvidia ha dichiarato la morte della Legge di Moore. Poco dopo, il CEO di Intel (l’azienda di informatica co-fondata da Gordon Moore) ha affermato il contrario.

Le teorie sul futuro della Legge di Moore sono tantissime, le proposte di rimpiazzo altrettante. Quello che c’è di certo è che la morte di Gordon Moore ha accelerato la morte del concetto di futuro che la sua Legge aveva inconsapevolmente profetizzato. Siamo chiamati a partecipare a un nuovo processo di co-creazione del futuro, per poter includere nella sua descrizione il senso e il significato di giustizia, e non lasciarlo in mano a organizzazioni che hanno come unica prospettiva la stessa descritta da Moore: l’aumento della potenza e l’abbattimento dei costi.

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